Sono nato sul Tevere, nel cuore di Roma, nel confine fra centro e periferia. È così che già da subito mi son trovato combattuto fra due mondi. Nessuno dei due era completamente il mio. L'idea di muoversi e viaggiare forse parte da quell'instabilità. Era uno stato mentale che pure offriva la possibilità di conoscere più gente possibile, di sentirti spinto verso gli altri.
Se non hai un posto in cui ti riconosci è più facile andare alla ricerca di qualcos'altro.
Un qualcosa che è sempre spostato un po' più in là.
L'acqua poi è stato il mio elemento, fin dal principio. Perché l'acqua ha quella cosa lì, di prendere la forma del contenitore che la ospita. Poi al porto di Anzio, vidi dei miei coetanei su delle barchette a vela. Erano bellissimi, e me ne innamorai. Avevo undici anni e iniziai a capire che cosa volevo fare.
Ancora oggi quando vado in Mare ho il sapore di quei giorni da bambino, sul gommone, con mio padre.
Il Mare è così, ti culla e non ti vuol lasciare.
Ne rimani invischiato.
In due anni ho attraversato due volte l'Atlantico e una volta il Pacifico. Ma non è abbastanza, non è mai abbastanza. Nel 2019, con Tullio Picciolini, ho traversato l'Atlantico a bordo di un catamarano non abitabile di soli 6 metri. Sono stati 14 giorni estremi, ma meravigliosi. Da Dakar a Guadalupa. Un vero trip, nel senso di viaggio interiore. Fra concentrazione, sforzo, allucinazioni e riflessione.
Ci sono stati momenti difficili, ai limiti, che però definiscono i confini del mio vivere. Ora ho più di 30.000 miglia percorse.
È così che funziona: ogni volta c'è da capire qualcosa di nuovo sull'Oceano, ma anche qualcosa di nuovo su di me.
Antistene 992 è un’ossessione. Il primo pensiero al mattino, l’ultimo prima di andare a dormire e spesso è anche nei miei sogni. È un lavoro di anni di ricerca capillare e prove per trovare le migliori soluzioni per competere con i più forti.
Anche il dettaglio minimo è importante.
Per esempio questo nuovo scafo è stato disegnato per surfare le onde dell’Oceano... una figata pazzesca! La regata si vince in progettazione e in allenamento ed è per questo che ogni momento è fondamentale.
Cosa ci sta in 6 metri e mezzo? Prova a figurarteli davanti agli occhi, riempirli di tutto quel che ti serve per traversare l'Oceano. E starci sopra, dentro, avere cibo e acqua per trenta giorni. Quasi che sembro un cosmonauta, tanto c'è da organizzare spazi, pesi. In quei 6 metri e mezzo c'è tutta una vita. È come stare su un guscio di noce pieno di tutto, dentro una lavatrice.
Si viaggia in solitaria su imbarcazioni da 6 metri e mezzo; l'essere da soli, con una barca di quelle dimensioni, esalta la componente umana e l'abilità individuale, sia nel navigare sia nel progettare. Il navigatore oceanico non è solamente un atleta, necessita di competenze multisettoriali; fisica dei fluidi, metereologia, studio dei materiali, gestione del sonno sono le basi per poter approcciare questo tipo di imprese. Il punto di partenza e di arrivo sono cambiati negli anni, per il 2021 la località di partenza è Les Sables d’Olonne una splendida cittadina nel nord della Francia, per arrivare a Saint-François di Guadalupa dopo una tappa intermedia a Santa Cruz de la Palma alle Isole Canarie. Sono 84 i velisti ammessi: sono necessarie 2500 miglia di navigazione per poter accedere alle selezioni per l’iscrizione. Un lungo percorso che può richiedere fino a cinque anni.
Stare lì in mezzo all'Oceano, essere un piccolo puntino in acqua. Visto dall'alto fa impressione, ma pure visto dalla barca. L'immensità di quel che sta attorno, la potenza dell'Oceano, del vento. Tutto è energia lì, e ti senti bene a cercar di dominare in quei momenti gli elementi. Lo sciabordio dell'acqua è un sottofondo che si sostituisce al silenzio. Non poter comunicare con nessuno è come dire: ora sei tu; fammi vedere quello che sai fare. Un puntino, un puntino che avanza lentamente. Sono un puntino.